sabato 21 febbraio 2009

Prima il nome

A uno studente che gli chiedeva di firmare il libretto di frequenza in cui aveva anteposto il cognome al nome, Giosuè Carducci, professore a Bologna, restituì il libretto in modo sgarbato: "Torni quando avrà imparato a scrivere il proprio nome".

Di un altro episodio fu protagonista Alessandro Manzoni che una volta si sentì domandare se fosse proprio suo un sonetto che recava la sua fiirma. "Quand'anche non l'avessi vista" rispose lo scrittore "sarebbe per me nota sufficiente di falsità il sapere che il cognome ci si trova anteposto al nome di battesimo, cosa non mai usata da me nel sottoscrivermi".

venerdì 20 febbraio 2009

L'importanza della punteggiatura


Per difendere un alunno che sbagliava la punteggiatura, un maestro disse al direttore che la punteggiatura non era poi così importante.
Il direttore invitò l’alunno a scrivere un’altra frase. “Il maestro dice” dettò “il direttore è un asino”.
Il maestro insorse. “Ma che cosa dice. Ci mancherebbe! Non mi permetterei mai”
“E ora” continuò il direttore, mettiamo la punteggiatura. “Il maestro, dice il direttore, è un asino”.

La corretta punteggiatura è indispensabile per dare senso alla frase. Quanto poi a scrivere in modo chiaro sono ancora attuali le regole scritte nel 1946 da George Orwell in “Politics and English Language"

Non usate mai una metafora, una similitudine o un’altra figura retorica che trovate scritta spesso
Non usate mai una parola lunga se una breve ha la stessa funzione
Se è possibile togliere una parola, toglietela
Non usate mai una frase straniera, un termine scientifico o in gergo se c’è un equivalente
Contravvenite a qualunque di queste regole piuttosto che dire qualcosa di decisamente barbaro

L'indice di leggibilità


Ieri ho ricevuto un nuovo racconto per l’antologia Gialloscacchi. Ho cominciato a leggerlo: “Ci siamo. Oggi è il giorno. Ho comprato il normografo, mesi fa, in un altro quartiere. No, niente paura. Nessuna telecamera in negozio. Nessuna ricevuta da firmare. Chi vuoi che compri un normografo usando la carta di credito? Solo un pazzo”.
Lo squillo del telefono ha interrotto la lettura.
“Hai ricevuto il racconto di ***?”
“Buono”
“Già letto?”
“No, ma per giudicare uno scritto bastano poche righe. Conosci la formula di Flesch?”
“No”
“È un test di leggibilità. Il racconto la supera”.

Nella scuola italiana si insegna a scrivere senza errori ma non a essere leggibili. Ma scrivere senza riuscire a comunicare non serve a niente. La formula di Flesch dovrebbe essere insegnata a scuola. La trascrivo nella versione adattata all’italiano da Roberto Vacca nel 1979:

F = 206 − (0,6 * S) − P

Dove:
F è la leggibilità
S è il numero delle sillabe contenute in un campione di 100 parole
P è il numero medio di parole per frase calcolato su un campione di 100 parole
206 è una costante che serve a mantenere i valori finali dell'applicazione della formula fra 0 e 100
0,6 è una costante relativa alla lunghezza media delle parole dell'italiano

Un testo può essere considerato ad alta leggebilità quando il valore è superiore a 60; a media, quando si colloca tra 50 e 60 e a bassa leggebilità quando è inferiore a 40.

Secondo Vacca l'indice di leggibilità è 100 in un libro di lettura di prima elementare. I buoni scrittori si collocano a 65. I politici sono sotto 20 e i regolamenti di applicazione delle nostre leggi sono a meno 200.

Per la lingua italiana esiste anche l'indice elaborato dal Gruppo universitario linguistico pedagogico.
Il Gulpease usa la lunghezza delle parole, anziché delle sillabe.
Anche quest'indice va da 0 (illeggibile) a 100 (leggibilità massima). Inoltre, l'indice Gulpease, a differenza della formula di Flesch-Vacca, permette di valutare la leggibilità di un testo rispetto al livello di scolarizzazione del lettore.
La formula dell'indice Gulpease è la seguente:

Leggibilità Gulpease = 89-LP/10+3*FR

con: LP = (totale lettere*100) /totale parole e FR = (totale frasi*100) /totale parole


Il problema delle maiuscole

Ieri sera un amico, docente a scienze politiche presso l’Università di Siena, mi ha telefonato perché gli era sorto un dubbio improvviso sul problema delle maiuscole.
Al volo il mio consiglio è stato: “in caso di dubbio scrivi in minuscolo. Se sbagli per troppe maiuscole fai la figura del cafone, in caso contrario alla peggio sarai considerato uno snob”.
Poco dopo gli ho inviato la mail che riporto.“La regola grammaticale è questa: le maiuscole si usano (solo) per i nomi propri di persone o di cose.
Pertanto sembra corretto scrivere:
Lega Nord
Radicali Italiani
Università degli Studi di Firenze
Beninteso, in altri casi "nord", “italiani” e "università" vanno scritti minuscolo. Per esempio "Le università italiane si trovano tutte a nord di Lampedusa".
Sembra facile, ma l’interpretazione della regola non sempre è semplice e conduce a discussioni infinite anche tra puristi.
Si scrive "fiume Po" ma si scrive "Fiume Giallo". Nel primo caso, infatti, "Po" può stare anche da solo ("Ho fatto il bagno nel Po", nel secondo entrambe le parole fanno parte inscindibile del nome. Se abitassimo dalle parti del Fiume Giallo probabilmente dovremmo comportarci in modo inverso.
Si scrive "Il presidente Napolitano", "papa Giovanni" (altri preferiscono Papa Giovanni e sbagliato non è), ma, se non accompagnato dal nome di persona, andrebbe scritto "il Papa disse", "Il Presidente disse". Su questo non tutti sono d'accordo. Mi riferisco ai puristi, non agli antipapisti e ai monarchici che, di certo, non hanno dubbi. Si scrive "La lingua italiana" ma si deve scrivere "l'Italiano è portato alla musica" perché in questo caso l'aggettivo "italiano" è diventato come il nome proprio di un gruppo di individui.
Si scrive "La regione Toscana", "la squadra di calcio toscana".
Dio andrebbe scritto in maiuscolo (a meno di non essere atei) e dèi minuscolo:"La dea Venere".
Sole, terra, luna ecc., che sono certamente nomi propri, si scrivano invece in minuscolo fuori dal linguaggio rigorosamente scientifico.
Aldo Gabrielli prima dice che i titoli andrebbero scritti tutti con lettere maiuscole (I Promessi Sposi, La Divina Commedia) ma poi tentenna al pensiero di titoli lunghi. Gli vengono in mente "Niente di nuovo sul fronte occidentale" o "Figurine del mondo vecchio e del secolo nuovo" e conclude. "Certo, dopo il consiglio ora dato, c'è da rimanere interdetti. Vado a guardare il catalogo mondadoriano: tutte minuscole, salvo, s'intende, la prima iniziale. E credo che sia la risoluzione migliore, perché in certi casi è bene metter da parte la regola e guardare alla logica: anche l'occhio vuol la sua parte. E poi, su una cosa credo che tutti, grammatici e non grammatici, vadano d'accordo: meno maiuscole useremo e tanto meglio sarà".
Nella pratica è invalso l’uso di mettere in maiuscolo tutte le parole di un ente e di usare la maiuscola solo per la prima parola per il titolo di un libro. La regola ha perso un po’ di coerenza. Forse non sarebbe male estendere l'uso invalso nello scrivere i titoli dei libri anche agli enti: “Federazione scacchistica italiana” o “Ministero della pubblica istruzione”.
Qui mi addentro in un campo un po’ minato. Nei documenti burocratici preferisco tutto maiuscolo, in un romanzo preferisco veder scritto come se fosse il titolo di un libro.
Io, almeno, quando nessuno mi vede, mi comporto così.